Nel commercio internazionale la lingua inglese è molto usata, ma tradurre un contratto richiede una buona conoscenza della materia giuridica da parte del traduttore che deve saper:
individuare il termine giuridico corretto (ad esempio, a volte si traduce indifferentemente lo stesso termine; ma le conseguenze giuridiche sono ben diverse)
gestire i false friends, termini che si somigliano molto, ma che hanno differenti significati, esistenti sia nell’ambito giuridico sia nella lingua comune: instrument (strumento/documento), executed (eseguito/firmato), counterpart (controparte/copia)
riconoscere l’impossibilità di tradurre il termine italiano con il suo corrispondente in inglese o viceversa: la frustration del contratto non è traducibile con un concetto giuridico esistente nel nostro ordinamento (benché abbia effetti simili alla figura della forza maggiore, ha differenti presupposti)
capire quando termini apparentemente identici e ben tradotti possono avere differente contenuto e differenti presupposti giuridici nel nostro sistema rispetto a quello inglese
ridurre l’incertezza con cui sono definite alcune figure contrattuali, cosa che costringe spesso gli stessi inglesi e americani a ricorrere a una corposa lista di definizioni all’inizio dei contratti.
Anche altre lingue presentano molti dei problemi descritti, ma sicuramente l’inglese comporta una maggiore concentrazione di differenze rispetto ad altre lingue europee.